venerdì 26 settembre 2008

Il pescatore solitario

Si guarda l'acqua cercando di scovare un movimento, un tremore, un segnale che denunci la caccia di un predatore o la fuga di una preda. Lì bisogna lanciare, lì bisogna portare l'esca perfetta, quella che cela l'amo con l'inganno di un buon boccone. E poi il galleggiante come vedetta tra aria e acqua, tra cielo e profondità insondate: in piedi, colorato, sfacciato quasi. Se trema, se si immerge è emozione pura. La lenza è lì, ferma, quasi molle, eppure pronta a tendersi all'abboccata, pronta a tenere in vita la speranza del pescatore e a condannare quella del pesce.
E poi la lotta, la fatica e i tentativi di fuga, di libertà per chi è stato preso, di realizzazione dopo una lunga attesa per chi ha sperato sulla riva. Se tra gli spruzzi il pescatore prevale soddisfatto, arriva la giustizia e anche sfinito e ferito, il pesce può tornare nel suo regno, vivo per una nuova sfida con l'uomo.
Sabato pomeriggio forse ci scappa un'uscita in Brianza. Restate in contatto.

1 commento:

Meister ha detto...

Wow, che descrizione! Quando ti ci metti sai scrivere in maniera eccellente :) Peccato che un po' di poesia si perda se il metallo cala non sempre preciso sul capo della preda, disfandogli il cervello, e tra squame divelte e scie di sangue il suo corpo agonizza in un catino senz'acqua. Ma forse anche questa è poesia, epica magari...
In ogni caso buona pesca, e prosperità al tuo/vostro blog!